Curarsi per un tumore senza perdere il lavoro

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  1. oleandro60
     
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    da Sportello Cancro de "il Corriere della Sera"

    http://www.corriere.it/salute/sportello_ca...98ded3a54.shtml

    Curarsi per un tumore senza perdere il lavoro


    La chemio può richiedere lunghi tempi di recupero: continuare a svolgere la propria attività aiuta



    Lavorare durante le cure
    MILANO –Un diritto in più, un serio problema in meno per le oltre 300mila persone che ogni anno in Italia si ammalano di cancro. Il Consiglio dei Ministri lo scorso 9 giugno 2011 ha approvato in via definitiva il decreto legislativo delegato in attuazione dell’articolo 23 del collegato lavoro (legge 4 novembre 2010, n. 183) di “delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi”, sollecitato per lungo tempo dall’Associazione italiana malati di cancro (Aimac). In pratica, i malati di cancro ottengono finalmente il riconoscimento di un nuovo diritto: curarsi mantenendo la retribuzione e la possibilità di affrontare con serenità le fasi critiche della malattia. A sancirlo è l’articolo 7 del decreto che va così a colmare una lacuna legislativa che abbandonava a se stesse due milioni di persone che in Italia combattono il cancro.

    In Italia vivono circa 690mila persone che affrontano una diagnosi di cancro in età lavorativa. Secondo i dati presentati durante l’ultima Giornata nazionale del malato oncologico, organizzata dalla Favo (Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia ) tre malati su quattro vogliono continuare a lavorare, ad essere parte attiva della società, ma spesso non sanno che esistono norme che prevedono specifiche tutele e facilitano il reinserimento (prevedendo, ad esempio, il passaggio al part time). Fino ad ora chi veniva colpito dal tumore, con invalidità riconosciuta superiore al 50 per cento, nel momento in cui si assentava per le cure oltre al periodo previsto dal contratto di lavoro perdeva la retribuzione.

    «D’ora in poi non sarà più così – spiega Elisabetta Iannelli, vice presidente di Aimac -: i lavoratori mutilati e invalidi civili, cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento potranno fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni». Il concetto fondamentale da trasmettere, secondo Marco Venturini, presidente eletto dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), è semplice: «Chi è colpito da tumore può continuare a lavorare, ma le sue prestazioni possono cambiare». Ad esempio, un intervento chirurgico può comportare lunghi periodi di ripresa (o cambiamenti definitivi) e la chemioterapia richiede tempi di recupero e specifico sostegno. I pazienti, consapevoli della loro situazione e della tossicità delle cure a cui sono sottoposti, possono e devono lavorare, ma non necessariamente come prima della malattia.

    La disposizione di legge chiarisce poi che durante il periodo di congedo, il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia. In più, il decreto sancisce che la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta, risulti espressamente dalla domanda del dipendente interessato, accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica. «Un passaggio importante inserito nell’articolo 7 del decreto legislativo – continua l’avvocato Iannelli - riconosce che tale congedo non rientra nel periodo di comporto, il che significa in sostanza che il posto di lavoro è tutelato per un lasso di tempo più lungo. Un vero successo di Aimac che ha a lungo inseguito questo obiettivo».

    «Ci sono evidenze scientifiche che dimostrano che il lavoro aiuta a guarire e a seguire meglio i trattamenti - sottolinea Francesco De Lorenzo, presidente Favo -. A tal proposito stiamo realizzando un progetto pilota con un’importante realtà italiana, l’Eni, per la migliore gestione del reinserimento in azienda dei pazienti oncologici. Vogliamo creare un modello, un prototipo, da estendere anche ad altre realtà produttive per facilitare il ritorno al lavoro». E anche l’Inps farà la sua parte: non procederà a nessuna visita di verifica nei confronti dei titolari di pensioni di invalidità per patologie neoplastiche. E, per non costringere i malati ad adattare le terapie ai tempi dei controlli, «abbiamo deciso che i pazienti oncologici non debbano essere sottoposti a visite fiscali ripetitive e invasive che rischiano di incidere negativamente sulla somministrazione dei trattamenti» conclude Massimo Piccioni, presidente della Commissione medica superiore dell’Istituto.

    Vera Martinella
    02 ottobre 2011(ultima modifica: 05 ottobre 2011 16:02)

     
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0 replies since 9/10/2011, 20:32   181 views
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